INTERVENTO ALLA SPALLA: è sempre necessario?

Negli ultimi anni, sopratutto negli over 50, si è assistito ad una vera e propria esplosione negli interventi di spalla, quasi sempre con le stesse cause motivazionali: ricostruzione cuffia dei rotatori, acromion-plastica, brosectomia o semplice “pulizia di Spalla”. Spesso però, un riscontro positivo nel breve termine viene affiancato da un deludente risultato nel lungo termine, al punto che spesso i pazienti ritornano dall’ortopedico/fisioterapista a distanza di tempo lamentando gli stessi sintomi, o quasi, avvertiti prima dell’intervento stesso.
SpallaDall’esperienza clinica e dal semplice ascolto delle storie dei pazienti è evidente come la sintomatologia riferita è quasi sempre la stessa in ogni caso: dolore antero-inferiore dell’acrmion con irradiazione fino al terzo laterale dell’omero (a volte fino al gomito), pressione dolorosa in corrispondenza del margine anteriore dell’acromion, dolore accentuato al movimento sia attivo che passivo, dolore a riposo e per i più esperti Test di Neer quasi sempre positivo. All’indagine strumentale (di solito Risonanza Magnetica) viene evidenziato, quasi in maniera scontata, un qualche danno ai tendini della cuffia dei rotatori, quasi sempre il sovraspinato, in maniera più o meno marcata.
Da queste premesse cerchiamo di evidenziare dei punti preliminari su cui bisogna soffermarsi.
In primis, di fronte ad un danno biologico il corpo reagisce con una sintomatologia e un collage di segni e sintomi, differenti in base al tipo di tessuto biologico lesionato; nella spalla invece, a prescindere dal tessuto coinvolto o dal tipo di danno evidenziato dalla RM, i sintomi sono spesso sempre gli stessi (o molto simili comunque) nonostante l’esame obiettivo accurato, e si cerca quindi riscontro quasi sempre nell’indagine strumentale per evidenziare il tipo di lesione.
I tests provocatori del dolore, le manovre che dovrebbero attenuarlo, il quadro clinico, spesso non danno una giusta spiegazione al danno anatomico evidenziato con la risonanza, o perlomeno, non giustificano l’insorgenza del dolore.
In diversi studi è stato più volte riscontrato che anche in soggetti asintomatici, in seguito ad una RM, sono state evidenziate le stesse lesioni tendinee o calcificazioni presenti nei soggetti sintomatici, senza poter chiarire il perchè.
Di fronte ad un accertata parità di lesione, due soggetti possono mostrare sintomi totalmente diversi, e addirittura, come accennato prima, possono essere totalmente asintomatici.
Per ultimo voglio ribadire il fatto che, nonostante la riparazione del danno anatomico per via chirurgica, spesso non viene tolta, se non parzialmente, la sintomatologia avvertita dal paziente, almeno nel lungo termine.
In conclusione sono veramente i referti delle indagini strumentali a darci la spiegazione del dolore avvertito dal paziente, e i tendini della spalla, che per motivi quasi fisiologici vanno incontro ad ipossia e conseguente degenerazione, sono sempre la causa del problema?

Tutore Post-Intervento
Tutore Post-Intervento

Per quanto attiene il trattamento, in fase iniziale si è soliti prescrivere farmaci Fans e fisioterapia classica, in seconda fase si passa alle infiltrazioni per poi giungere all’intervento chirurgico in seguito al fallimento della terapia conservativa, quest’ultima purtroppo spesso nemmeno contemplata dai medici, a cui spesso interessa in molti casi solo operare.

Una volta fatte tutte queste premesse ci viene da chiederci se e quando operare. Il fattore più importante che determina il successo o il fallimento di un intervento chirurgico e/o riabilitativo è l’impostazione di una corretta diagnosi. Per “diagnosi” non si intende l’individuazione del danno anatomico evidenziato dalla Risonanza, ma una diagnosi globale del paziente, che tenga conto sì del danno anatomico, ma anche della componente posturale, emotiva, occupazionale, etc.. del paziente. Operare una spalla con un’alterato atteggiamento posturale equivale a cambiare sempre precocemente le gomme ad una macchina a cui non viene mai effettuata una corretta convergenza. Dopo la diagnosi si procederà con l’impostazione di un corretto programma riabilitativo, che tenga conto di tutte le variabili del paziente e che non si preoccupi solo di dover “spegnere” il dolore, come un farmaco, ma si preoccupi anche di far ritrovare al paziente il modo grazie al quale evitare di ritornare in futuro nella stessa, se non peggiore, condizione.
L’intervento, quindi, diventa realmente necessario al fallimento del programma riabilitativo e di fronte ad una “chiara” causa tissutale, che comporti un’alterazione significativa e tangibile del complesso della spalla.

Concludo questo breve post dicendo che ulteriori studi sono necessari in questo ambito sia dal punto di vista medico che riabilitativo, anche se negli ultimi anni qualcosa si sta muovendo in senso positivo. Ma la prima cosa che voglio sottolineare è, come detto in altri post:
-IL RISULTATO DI UNA RISONANZA NON E’ SINONIMO DI DIAGNOSI.
-LA CURA PER POTER ESSERE TALE DEVE TENER CONTO DI TUTTA LA PERSONA E NON SOLO DEL DANNO ANATOMICO.
Il primo obiettivo dovrebbe sempre essere il benessere del paziente, ma spesso gli interessi sono superiori alle buone intenzioni.

Dott. Basile Enzo

 

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